sabato 7 novembre 2009

21 - J.B. Lenoir

(1929-1967)

chitarrista, attivo sulla scena del blues di Chicago negli anni 50 e 60.



Il padre gli insegna a suonare la chitarra sullo stile di Blind Lemon Jefferson,i suoi maestri sono stati Arthur Crudup e Lightnin' Hopkins.
Nei primi anni 40 suona a New Orleans con Sonny Boy Williamson II e Elmore James.
Nel 1949 si trasferisce a Chicago e Big Bill Broonzy lo aiuta ad introdursi nella comunità blues locale.
Inizia a suonare nei locali con Memphis Minnie, Big Maceo Merriweather e Muddy Waters, e diventa un punto importante sulla scena del blues della città.
Inizia ad incidere alla fine degli anni 50 per la J.O.B, il suo primo disco è Korea Blues, registrato con Sunnyland Slim al piano, Leroy Foster alla chitarra e Alfred Wallace alla batteria.


Durante tutti gli anni 50 incide per diverse etichette, oltre alla J.O.B., per la Chess, la Parrot e la Checker.




Dopo la registrazione di Let's Roll e The Mojo aggiunge al gruppo il sassofonista J.T. Brown, modificando per primo la classica impostazionne del blues.
Incide la controversa Eisenhover Blues ma la casa discografica lo costringe a reinciderla con il nome di Tax Paying Blues.

Lenoir è particolare perchè è uno dei rari casi di bluesman che scrive brani con testi espliciti di protesta e politicamente impegnati.

Il blues nasce come canzone di protesta ma non fa mai allusioni a fatti di cronaca o di politica, si limita ad esempio parlare della povertà e della disoccupazione, ma non fa mai riferimento ai motivi che hanno causato le situazioni di cui parla.
L'interpretazione spetta a chi lo ascolta.

Con Lenoir è diverso, egli muove accuse chiare alla politica economica, si pone apertamente contro la guerra del Vietnam, diventa una vera voce del popolo.
E' per questo che ha sempre avuto contro le case discografiche che non accettavano un simile comportamento e poi da un nero.

Lenoir era un personaggio scomodo,sempre osteggiato dai media,nella sua breve carriera non è riuscito ad avere quel successo commerciale che avrebbe meritato.
Una figura mitica e, come spesso succede nel blues, riscoperto solo in questi ultimi anni.

Una delle figure più importanti del blues e per assurdo la meno considerata.

Un uomo intelligente e colto ma anche un grande uomo di spettacolo.
Lenoir era in grado di suonare la chitarra in diversi stili con una voce particolare dai toni molto alti tanto che al primo ascolto poteva sembrare una donna.

Durante gli spettacoli inseriva il microfono vicino all'armonica, poi, trascinando dietro di sé un lungo filo elettrico, girava per il palcoscenico a mani libere, con una giacca zebrata con le code.
Riusciva così a cantare i suoi testi facendo divertire il pubblico.

Dal punto di vista musicale inserisce in pianta stabile un sassofonista , che di fatto prende il posto del più classico armonicista, dando così una sferzata di novità al tipico sound del Chicago Blues avvicinandolo di fatto al R&B.
Il suo suono era unico, i sax all'unisono si contrappongono al ritmo boogie della chitarra che si mescola con le sue eccezionali capacità vocali.

Uno dei suoi pezzi immortali rimane Mama Talk To Your Daughter, scritto nel 1954, e poi Don't Touch My Head e Natural Man.
I suoi singoli per la Shad nel 1958, e per la Vee-Jay due anni dopo, lo portarono ad essere conosciuto al grande pubblico.
Nel 1963 inizia ad incidere per la USA Records e i brani Alabama Blues e Down in Mississippi vengono registrati con la supervisione di Willie Dixon, che abbiamo già trovato cardine centrale del blues di Chicago.
Tra gli altri suoi famosi titoli troviamo Vietnam Blues, Shot on James Meredith, Alabama March, Elesehower Blues, Tax Paying Blues, (I Wanna) Play a Little While, People Are Medding in Our Affairs, Let's Roll, Alabama Blues e I Have Married.

Oggi grazie anche di Wim Wenders che ne narra la storia, la musica e l’opera di JB Lenoir vengono finalmente rivalutate e viene a lui attribuito quell’importante ruolo di innovatore che per anni gli è stato negato.
Un album che lo rappresenta al meglio è Vietnam Blues, un album storico che raccoglie molti dei suoi blues di protesta, come sempre espliciti, circonstaziati, ma sempre stupendi.
Registrato con Willie Dixon al basso e Fred Below alla batteria, contiene brani di altissimo livello come Born Dead, Down In Mississippi, Tax Payin' Blues, Shot on James Meredith e Vietnam Blues.
Lenoir con voce a tratti malinconica a tratti rabbiosa, segnata dal suo tono acutissimo e così distante dai canoni tipici del bluesman, dà una prova di grandissima interpretazione.
Il suono è scarno e asciutto anche se con Feelin' Good e Mojo Boogie la musica diventa più ritmata e forte si sente la sua voglia di innovazione.

L’amore per la tradizione è invece forte in God’s Word dove canta il lamento dei coltivatori di cotone con la chitarra e la voce che raramente si sovrappongono.

La chitarra nel blues più classico svolge un ruolo di proseguimento del canto più che di accompagnamento vero e proprio, diventa per l'artista una sua seconda voce.
I primi bluesmen suonavano da soli nelle balere appena finito il lavoro dei campi ed avevano bisogno di un suono pieno che diventasse parte integrante del loro canto.

Lenoir è un musicista assolutamente da riscoprire.
Vietnam Blues è il modo migliore per apprezzare la sua opera, un artista che merita il massimo rispetto e a cui , a distanza di anni, giustamente, è riconosciuta la paternità di vero innovatore del blues.

Un grandissimo delle 12 battute e ispiratore di molti grandi del British Blues come John Mayall e degli stessi Roling Stones, un pioniere musicale che solo ora viene finalmente rivalutato.

Un uomo che ha vissuto pienamente il suo tempo lottando sempre contro il razzismo, senza mai accettare i compromessi che venivano invece normalmente accettati da altri artisti.
Un artista nero doveva accettare di essere maltrattato e deriso se voleva lavorare nei locali frequentati dai bianchi: non poteva entrare e doveva restare chiuso in camerino fino all'inizio del suo spettacolo, poi doveva lasciare il locale senza essere visto.

Lenoir non accettava tutto questo e ne pagava le conseguenze.

Muore nel 1967 a solo 38 anni dopo aver subito un pauroso attacco razzista in un incidente stradale, dove viene linciato, maltrattato, ingiuriato.

Muore tre settimane dopo per un infarto.

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