sabato 11 dicembre 2010

I Grandi del Rock: 08 - Jim Morrison


(1943-1971)
una leggenda della musica, uno dei più importanti esponenti della rivoluzione culturale del '68, poeta, scrittore,voce leader dei Doors.
E' stato uno dei principali riferimenti per intere generazioni di giovani negli anni della guerra del Vietnam, dell'assassinio dei fratelli Kennedy e di Martin Luther King.
Eroe maledetto e carismatico, angelo ribelle, il Lizard King profeta della libertà.



Le sue opere sono diventate quasi oggetto di culto e la sua fama esce dalla conoscenza della sua musica, diventa un poeta da leggere, le sue frasi vengono riportate nei diari dei ragazzi di tutto il mondo da ormai più di 40 anni.

La sua morte precoce nel 1971 lo ha trasformato in un mito, ancora oggi ogni anno migliaia di giovani si recano in pellegrinaggio sulla sua tomba nel cimitero di Père Lanchaise a Parigi.



Nei prima anni 60 è studente a Los Angeles, incontra Ray Manzanek, tastierista e nascono i Doors.
Il nome nasce da un poesia di William Blake e lo stesso Morrison diceva “ Ci sono il noto e l'ignoto, e in mezzo ci sono le porte”.
La formazione si completa con Robby Krieger alla chitarra e John Densmore alla batteria.
Il sucesso arriva subito dopo il primo album omonimo del 1967.



La loro musica è un blues rock psichedelico originale, con la chitarra di Krieger che duetta con le tastiere di Manzanek e crea l'atmosfera su cui troneggia la voce di Morrison.


Il secondo album Strange Days ha ancora più successo.

Morrison diventa un idolo per milioni di fans, le sue poesie, le sue frasi ripetute all'infinito, ma aumenta anche la sua dipendenza all'alcool e alla droga.

La sua è una vita di eccessi vissuta pericolosamente e diventa anche in questo purtroppo un esempio da seguire.



Esce Waiting for the Sun il terzo album.
Il quarto The Soft Parade, mai apprezzato da Morrison.
Infine gli ultimi due, bellissimi Morrison Hotel e L.A.Woman, caratterizzati da un suono quasi totalmente blues.

Morrison si sentiva un vero e proprio poeta, non sopportava chi andava a vedere i Doors ai loro concerti solo per gli spettacoli, senza ascoltare con attenzione le sue poesie.


Era bello, colto, piaceva alle donne, piaceva il suo stare sempre contro tutto e tutti.

Solo una donna nella sua vita, quella Pamela Courson che conosciuta nel 65 morirà di overdose tre anni dopo la morte sempre per overdose del suo Jim.



Era attratto dalla cultura beat dei romanzi di Jack Kerouac, dalle poesie di Allen Ginsberg e di Arthur Rimbaud.
Scrive varie raccolte di poesie, l'ultima pubblicata postuma è Tempesta Elettrica, da molti giudicata il suo lavoro migliore.

Teorizzò il suo essere poeta maledetto, la sua vita senza remore, il consumo smodato di droga e di alcool, creando un modello che piaceva ai giovani, molti lo seguirono e molti trovarono la morte.

Parlava di morte nelle sue poesie come se volesse cercarla:

“Voglio sentire il sapore, voglio ascoltarla, voglio annusarla. La morte viene una volta sola, giusto? Non voglio mancare all'appuntamento. Amico non lo so. Potrebbe essere l'esperienza che ti fornisce il pezzo mancante del mosaico”.

Nel 1971 si trasferisce con Pamela a Parigi con l'intenzione di dedicarsi solo alla sua poesia.


Muore pochi mesi dopo a solo 27 anni, lo troverà Pamela nella vasca da bagno ucciso da una overdose.

Morrison muore il 3 luglio 1971 generando da quel momento un'infinità di false notizie circa le modalità (o addirittura la veridicità) della sua scomparsa.

Le cause della sua morte infatti sono tuttora ignote e troppo presto il caso venne archiviato, senza effettuare alcun controllo.

Quando gli amici arrivarono a Parigi la bara era già chiusa, non poterono vederlo ma solo visionare il suo certificato di morte.


L'autopsia non fu fatta.
Il certificato medico parla genericamente di morte naturale per arresto cardiaco.

Dopo la sua morte i giornali pubblicarono articoli nei quali si parlava della "Maledizione della J": dopo la morte di Robert Johnson, Janis Joplin, Brian Jones, Jimi Hendrix e ora anche Jim Morrison (tutti a 27 anni), si ipotizzò avessero i giorni contati anche John Lennon e Mick Jagger.
Cosa che purtroppo avvene per Lennon qualche anno più tardi.

Nascono leggende metropolitane che lo dicono ancora vivo, che abbia inscenato la sua morte solo per uscire di scena, che la CIA lo abbia ucciso come per Janis Joplin e Jimi Hendrix per eliminare personaggi troppo scomodi che spingevano i giovani a rifiutare la guerra in Vietnam.

Nel 2007 un suo amico Sam Barret disse che Jim era morto in un locale dopo aver sniffato eroina e che lui stesso con Pamela avevano inscenato la finta morte per cause naturali.

La sua figura è entrata nell'immagginario collettivo più come poeta e personaggio che come cantante, la sua figura ha completamente oscurato quella di un gruppo che musicalmente non ha mai avuto grandi possibilità e che è entrato nella storia solo per i suoi testi, vere e proprie poesie.


Oggi una rilettura critica denota forse del manierismo e delle frasi ad effetto forse un pò retoriche, ma dimentichiamo che parliamo di un mondo e un tempo completamente diverso.


Non sono passati solo cinquant'anni, sembra storia di un altro pianeta, di un'altra dimensione.

Tutto è successo nel '68 in un momento di ribellione e di presa di coscienza di una intera generazione che usciva da un tunnel e che vedeva improvvisamente la luce, una intera generazione che parlava di libertà, di pace, di diritti civili.
Una voglia di ribellione e di uscire dagli schemi che purtroppo diventerà anche vivere fuori dalle regole abusando di alcool e droga.

Una voglia di cambiare che dovrà fermarsi davanti alle morti per overdose e alla realtà di una società che non vuole cambiare, dove i potenti hanno tutto l'interesse che le cose non cambino e fanno di tutto per non farle cambiare.

Alcune delle sue frasi, riportarte nei graffiti e nei diari di tutto il mondo:

A volte il vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato.

Dopo il suo sangue, la cosa migliore che un uomo può dare di sè è una lacrima.

Alcuni dicono che la pioggia è brutta, ma non sanno che permette di girare a testa alta con il viso coperto dalle lacrime.

Siamo buoni a nulla ma capaci di tutto.


Darei la vita per non morire.

Datemi un sogno in cui vivere, perchè la realtà mi sta uccidendo.




Terribile e affascinante il suo rapporto con la morte, per spegarlo raccontava un episodio da lui vissuto nel 1947 in viaggio con la famiglia:




«La prima volta in cui ho scoperto la morte... io, mia madre, mio padre, mia nonna e mio nonno stavamo viaggiando in auto attraverso il deserto all'alba.
Un camion carico di Indiani Navahos aveva sbattuto contro un'altra auto o qualcos'altro: c'erano Indiani insanguinati che stavano morendo sparsi per tutta la strada.
Ero solo un bambino e per questo dovetti restare in macchina mentre mio padre e mio nonno scesero a guardare.
Tutto ciò che vidi fu una divertente vernice rossa e della gente distesa attorno, ma sapevo cosa stava succedendo, perché riuscivo a sentire i fremiti delle persone intorno a me, e all'improvviso capii che loro non sapevano più di me cosa stava accadendo.
Quella fu la prima volta che ebbi paura... ed ebbi la sensazione, in quel momento, che le anime di quegli Indiani morti, forse una o due di esse, stavano correndomi intorno, ed entravano nella mia anima, e io ero come una spugna, pronto a sedermi là e assorbirle».





Un artista che come pochi è rimasto nella cultura popolare, un nome che tutti conoscono e se anche non conoscono la sua musica, conoscono le sue poesie,la sua vita, il suo vivere contro, il suo essere sempre personaggio.




La sua musica oggi è molto datata, quell'uso esagerato delle tastiere non trova più i gusti del pubblico, ma come detto ormai la sua fama esce dalla musica per entrare di diritto nella storia del costume e della cultura di questo secolo.

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